Ce lo spiega la Prof.ssa Sofia Colaceci, Direttrice del Corso di Laurea in Ostetricia presso UniCamillus
Una madre che allatta il suo piccolo: probabilmente non c’è immagine che più di altre richiami l’accudimento materno. Il bambino, dopo essere stato parte della sua mamma nel grembo, continua a nutrirsi da lei. Un gesto talmente naturale da non aver bisogno di spiegazioni, eppure ci sono tantissime curiosità legate all’allattamento che è necessario sapere. Allattare fa bene a mamma e bambini, e ce lo spiega al meglio la Prof.ssa Sofia Colaceci, Direttrice del Corso di Laurea in Ostetricia presso l’Università UniCamillus.
Quali sono i principali benefici dell’allattamento al seno per il piccolo?
«Il latte è un alimento specie-specifico: questo significa che il latte umano è il miglior nutrimento per i nostri bambini poiché è perfettamente adattato, quantitativamente e qualitativamente, alle esigenze nutrizionali dei neonati umani, garantendogli una crescita sana.
Ormai da decenni la nostra attenzione verso l’allattamento non è solo focalizzata sull’aspetto nutrizionale, ma si rivolge anche agli innumerevoli vantaggi di salute che l’allattamento comporta. Quando la donna allatta, infatti, trasferisce con il latte sia anticorpi che altre sostanze immunitarie che proteggono il bambino dalle infezioni, riducendo il rischio di otiti, infezioni respiratorie, gastroenteriti e altre malattie. Inoltre, l’allattamento contribuisce allo sviluppo del sistema immunitario del bambino, riducendo il rischio di allergie, asma e altre condizioni autoimmuni.»
Quali sono i principali benefici dell’allattamento al seno per le madri?
«Le madri beneficiano dell’allattamento sia a breve che a lungo termine.
A breve termine, l’allattamento stimola l’utero a contrarsi, riducendo così il rischio di emorragie dopo il parto. Inoltre, l’allattamento può aiutare le donne a recuperare più velocemente il loro peso pre-gravidico poiché comporta un certo dispendio energetico.
Tra i benefici a lungo termine, gli studi scientifici mostrano che le madri che allattano hanno un minor rischio di sviluppare alcune malattie come il diabete di tipo 2, l’osteoporosi, il cancro al seno, alle ovaie e all’utero. Inoltre, hanno un minor rischio di ammalarsi di patologie cardiovascolari come l’ipertensione e le malattie cardiache.
È importante sottolineare anche che allattare è più economico rispetto all’uso di formule artificiali, è un prodotto a chilometro zero, sempre disponibile e alla giusta temperatura. È inoltre una pratica sostenibile che non richiede l’uso di contenitori di plastica o di alluminio, con la quale contribuiamo a ridurre l’impatto ambientale.
Da un punto di vista psicologico, l’allattamento favorisce un forte legame emotivo tra madre e bambino, il cosiddetto bonding, contribuendo al benessere emotivo e psicologico della madre. Difatti, l’allattamento può essere un’esperienza gratificante, offrendo un senso di realizzazione e soddisfazione nel nutrire il proprio bambino con il proprio latte.»
Ci sono delle posizioni migliori per garantire una suzione efficace?
«Ci sono molte posizioni che la madre può assumere per allattare. Sicuramente la più nota è la classica posizione a culla. Quale posizione assumere dipende dalle preferenze della madre e del bambino, dal momento della giornata e dal contesto in cui sta allattando, nonché dalle eventuali situazioni specifiche che si possono verificare.
Ad esempio, di notte le donne possono trovare comodo e pratico allattare distese a letto di fianco. In caso di un dotto bloccato, o anche quando si hanno due gemelli, si può adottare la posizione a rugby, ovvero la madre tiene la testa del bambino vicino al seno e il corpo lungo l’avambraccio, accanto al fianco e con i piedi rivolti verso lo schienale della sedia.
Soprattutto all’inizio, dalla nascita alle prime settimane di vita, la posizione semi-reclinata può essere vantaggiosa: la donna è in posizione supina semisdraiata e il neonato è prono su di lei. Questa posizione prevede quindi un contatto completo della diade madre-bambino, e, soprattutto se la madre ha il petto scoperto e il bambino è nudo (contatto pelle-a-pelle), stimola i riflessi innati neonatali, potenzia il contatto e l’interazione nonché il bonding postnatale.
Comunque ne esistono molte altre, la posizione a koala, la posizione della lupa… È importante sperimentare diverse posizioni e cercare il supporto di personale specializzato in allattamento per trovare la posizione più adatta per ogni eventuale esigenza e caso specifico.»
Come accorgersi che il piccolo sta ricevendo abbastanza latte materno?
«Il primo suggerimento è molto semplice: nella quotidianità i genitori devono osservare come sta il bambino. Dovrebbe sembrare soddisfatto, rilassato e in buona salute. Poi nello specifico si devono guardare i pannolini. Un bambino allattato al seno dovrebbe bagnare almeno sei pannolini al giorno con urine chiare. Questo indica che il bambino sta ricevendo abbastanza latte e si idrata correttamente.
Oltre a questo, certamente il peso del bambino è uno dei migliori indicatori della crescita del bambino e, di riflesso, di come sta andando l’allattamento. Dopo la nascita è normale che i bambini perdano un po’ di peso, difatti si verifica il cosiddetto “calo fisiologico”, ma dovrebbero poi iniziare a guadagnare peso costantemente. Il pediatra monitorerà il peso del bambino nelle visite di controllo per assicurarsi che stia crescendo adeguatamente. Non è invece consigliata ai genitori la cosiddetta “doppia pesata”, cioè la pratica di pesare il bambino prima della poppata e subito dopo per verificare la quantità di latte assunto, perché potrebbe generare ansie ingiustificate.»
L’allattamento al seno provoca dolore? Se sì, come gestirlo?
«Per molte donne l’allattamento può essere un’esperienza senza dolore o con disagio minimo. Tuttavia, alcune donne possono sperimentare dolore durante l’allattamento, specialmente nelle prime settimane mentre il corpo si adatta e il bambino impara a poppare in modo efficace.
Generalmente il dolore può essere dovuto alle ragadi del capezzolo, dei “taglietti” che sono dovuti ad un attacco superficiale del bambino al seno. L’attacco, per essere efficace, deve essere profondo, difatti il bambino non deve succhiare solo dal capezzolo, ma deve prendere in bocca gran parte dell’areola. In questo modo la sua lingua non sfregherà il capezzolo e inoltre quest’ultimo sarà a contatto con il palato molle, mentre un attacco più superficiale e anteriore implica che il capezzolo sia a contatto con il palato duro aumentando il rischio di ragadi.
In caso di ragadi, ma anche senza, a scopo preventivo è consigliabile lasciare che qualche goccia di latte materno si asciughi naturalmente sul capezzolo. Il latte infatti, avendo proprietà anti-infettive, può aiutare a proteggere i capezzoli da eventuali agenti microbici che, infiltrandosi dalla ragade, possono provocare la mastite. Quest’ultima è un’infiammazione dolorosa del seno che richiede riposo, idratazione, allattamento frequente se praticabile, ed eventualmente il ricorso ad antibiotici su prescrizione medica.
In generale, comunque, anche l’accumulo di latte nelle ghiandole mammarie può causare gonfiore e dolore. L’applicazione di calore prima della poppata può aiutare il drenaggio del latte. In alcuni casi, potrebbe essere necessario spremere il latte manualmente o con il tiralatte per alleviare l’ingorgo.»
Arriva un momento in cui ci si rende conto di dover smettere?
«La decisione di smettere di allattare è molto personale e dipende dalle esigenze e dalle circostanze individuali. Le raccomandazioni propendono per un allattamento esclusivo per i primi sei mesi di vita del bambino, seguito dall‘introduzione graduale di cibi solidi mentre, continuando comunque ad allattare fino ai due anni e oltre, o comunque fino a quando madre e bambino lo desiderano.
Tuttavia, ci sono molti fattori che possono influenzare la decisione di smettere di allattare, tra cui la disponibilità di tempo, l’organizzazione familiare, la salute della madre e del bambino, l’ambiente di lavoro della madre e le preferenze personali.»
Allattamento e altre attività: come gestire l’allattamento in situazioni sociali?
«Se ci si sente a proprio agio, non bisogna esitare ad allattare il bambino quando ha fame, anche in situazioni sociali. Il disagio che può provare una persona che guarda una mamma che allatta il proprio bambino non deve essere una preoccupazione di questa mamma, la cui priorità è rispondere ad un bisogno fisiologico primario del proprio figlio. Il seno è stato pensato da madre natura per produrre latte e garantire la sopravvivenza dei cuccioli umani.
Se si prova insicurezza riguardo all’allattamento in pubblico, è utile chiedere il supporto del partner, dei famigliari o delle amiche che possono offrire compagnia e sostegno e cercare un luogo più appartato in cui poter avere privacy. L’importante è fare ciò che è meglio per sé e per il proprio bambino.
Da un punto di vista organizzativo, se si sa che si parteciperà a un evento sociale, è consigliabile pianificare in anticipo come gestire l’allattamento. Ad esempio, si potrebbe portare con sé un telo per coprire il seno, se ci si sente più a proprio agio.
È inoltre utile vestirsi comodamente, scegliendo abiti pratici che facilitino l’allattamento, come camicie o vestiti con bottoni o zip che consentono un facile accesso al seno. È utile comunicare apertamente con gli altri presenti riguardo alle proprie esigenze di allattamento e cercare un posto tranquillo dove potersi posizionare per allattare se il bambino si distrae facilmente.»
Se una mamma ha bisogno di informazioni maggiori sull’allattamento al seno, a chi può rivolgersi?
«Ci sono diverse risorse a cui una madre può rivolgersi per ottenere informazioni sull’allattamento. Innanzitutto, all’interno degli spazi allattamento dei Consultori le ostetriche forniscono supporto e consulenza. Ad ogni modo, già durante la gravidanza frequentare gli incontri di accompagnamento alla nascita presso i consultori o altre strutture è utile per ricevere informazioni non solo sulla gestazione e sul parto, ma anche sull’allattamento.
Le ostetriche libero-professioniste, ma in generale le/i consulenti sull’allattamento, possono fornire supporto e consulenza personalizzata presso le loro strutture o anche a domicilio.
Inoltre, esistono anche gruppi di supporto tra pari, mamma-a-mamma, in cui madri esperte di allattamento condividono le loro esperienze e possono offrire consigli e supporto alle madri meno esperte.
In generale, è importante cercare fonti di informazioni affidabili e qualificate per garantire di ricevere consigli sicuri e accurati sull’allattamento al seno.»
Nel caso in cui si producesse poco latte, come gestire la situazione?
«A partire da metà gravidanza e fino ai primi giorni dopo il parto, il seno inizia a produrre un primissimo latte che si chiama colostro. Ha una tipica colorazione giallo-dorata, è ricco di nutrienti ed anticorpi. Anche se il colostro è prodotto in quantità limitate, è comunque sufficiente a soddisfare il fabbisogno del neonato nei primi giorni di vita. Successivamente, con la cosiddetta “montata lattea” che generalmente si verifica 3-4 giorni dopo il parto, il processo di produzione del latte diventa più “meccanico”, cioè regolato da un meccanismo di domanda-offerta. La produzione del latte sarà quindi guidata principalmente dal bambino: tanto più il bambino popperà al seno, quanto più latte sarà prodotto. Quando il bambino si attacca al seno, attiva degli stimoli neurologici che inducono il rilascio materno di prolattina e ossitocina, due ormoni fondamentali per la produzione del latte e per la sua fuoriuscita verso i dotti. Di conseguenza, una donna che produce poco latte, attaccando frequentemente il bambino al seno, stimolerà frequentemente il rilascio di prolattina e ossitocina, aumentando dunque il quantitativo di latte prodotto.»