Lo spreco dei farmaci è una delle piaghe del Sistema Sanitario Nazionale. Alcuni studi di settore arrivano a stimare che ciascun italiano butti ogni anno nel cestino mediamente 1 kg di medicine; il che significa gettare alle ortiche milioni di euro, tra soldi pubblici e spesa dei privati cittadini. Si tratta in realtà di un tema che preoccupa i vertici e le istituzioni sanitarie di quasi tutti i paesi occidentali, ma in Italia si raggiunge il poco ragguardevole record di circa 100 euro all’anno spesi mediamente da ogni famiglia per medicinali che poi finiscono inutilizzati. Per far fronte a questo problema, prima di tutto di natura culturale, da diversi anni il Ministero della Salute ha attivato campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso un uso più responsabile dei farmaci.
Tra i nodi principali, ma più controversi, per arginare lo spreco c’è quello della conservazione e della scadenza. Perché non solo nel nostro paese si acquistano troppi farmaci rispetto a quello che sarebbe il reale fabbisogno, ma molto spesso questi vengono anche conservati in maniera scorretta o dimenticati in qualche dispensa per poi essere ritirati fuori alla bisogna, magari ben oltre la data indicata sulla confezione oltre la quale non è più indicato fare uso del prodotto. Per legge infatti su tutte le scatole di medicinali, insieme all’indicazione del lotto di provenienza e della data di fabbricazione, è riportata la scadenza, che fa riferimento alle confezioni integre e correttamente conservate. Data che varia a seconda dei casi e delle sostanze stesse di cui è composto il farmaco. Una fiala, endovena o intramuscolo, di solito una volta aperta deve essere consumata entro pochi minuti, mentre pomate e compresse potrebbero arrivare anche a superare i sei mesi, ammesso che vengano conservate nella maniera opportuna. Come spiega a chiare lettere l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) tramite i propri canali ufficiali, è bene conservare i farmaci in un luogo fresco e asciutto della casa, lontano da fonti di calore, nei loro contenitori originali etichettati. È inoltre di fondamentale importanza seguire pedissequamente le informazioni riportate nel foglio illustrativo di ciascun medicinale.
Basterebbe quindi già solo un po’ più di attenzione a queste semplici regole per evitare che il 40% dei farmaci acquistati finisca buttato, perché scaduto o non più utilizzabile. A volte, peraltro, anche buttar via un farmaco scaduto può non essere la scelta giusta. Diminuire lo spreco infatti non significa solo acquistare meno farmaci e farlo solo quando necessario o prescritto dal medico, ma vuol dire anche gettarli via solo quando è davvero inevitabile. In merito, la Professoressa Alessia Beccacece, docente di Farmacologia presso l’Università Medica Internazionale UniCamillus, spiega: “Molti si chiedono se l’assunzione di un medicinale oltre la data di scadenza riportata sul contenitore possa rappresentare un rischio per la salute. Il produttore farmaceutico garantisce la piena efficacia e sicurezza del medicinale fino alla data indicata, basandosi su studi di stabilità condotti in condizioni specifiche. Ma questo non significa necessariamente che non siano efficaci subito dopo la scadenza, bensì che non vi sono dati che dimostrino che possano essere ancora utilizzati oltre quel periodo”.
Una dichiarazione che sembrerebbe contrastare con le indicazioni dell’AIFA, ma che è supportata invece da numerose pubblicazioni, come sottolinea la stessa Professoressa: “Alcuni studi hanno testato dei lotti di medicinali scaduti per verificarne l’efficacia ed hanno rilevato che molti di essi risultano ancora stabili per mesi o addirittura anni dopo la data di scadenza. Ad esempio, uno studio riportato dal Journal of Pharmaceutical Sciences nel 2006 ha rilevato che 2/3 dei 122 prodotti farmaceutici scaduti erano ancora stabili e sicuri per l’uso. Perciò non è corretto affermare che i farmaci scaduti siano sempre pericolosi, in quanto, se conservati e manipolati correttamente, molti di essi mantengono un’elevata efficacia anche per molto tempo dopo la data di scadenza”. Una specificazione fondamentale per evidenziare una volta in più l’importanza di una corretta conservazione dei farmaci e non solo. Citando ancora l’AIFA, la data di scadenza dei medicinali non è una scelta arbitraria, ma scaturisce dai risultati di test standardizzati e da specifici protocolli. Non è assolutamente opportuno che si ricorra al fai da te, decidendo autonomamente se assumere o meno un farmaco scaduto. Anche perché, afferma ancora la Professoressa Beccacece, “Il mantenimento dell’efficacia non è sistematico per tutti i prodotti, in quanto potrebbero verificarsi instabilità chimiche, fisiche e microbiologiche. In particolare la contaminazione microbiologica, soprattutto delle soluzioni farmaceutiche sterili, potrebbe compromettere la sicurezza e l’efficacia del medicinale”. Alla luce di ciò, più che ai singoli privati, sembra quindi opportuno rivolgere questa attenzione al non gettare subito nei rifiuti i farmaci scaduti prima di essere certi che siano davvero non più utilizzabili, alle strutture sanitarie in generale, dove pure il costo dello spreco è ancora troppo elevato. Inoltre, “l’esecuzione di test periodici per valutare un’eventuale estensione della data di scadenza – suggerisce la docente di UniCamillus – potrebbe essere una buona soluzione per affrontare svariate situazioni, come la prevenzione delle carenze dei medicinali, di particolare rilievo nei paesi a basso reddito dove le date di scadenza brevi rappresentano una sfida costosa per gli ospedali”.